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Intervista a Renata Schiavo

Articolo pubblicato il: 1 ottobre 2021

Di cosa parla questo articolo?

Con l’intervista a Renata Schiavo ci interroghiamo sulle possibilità di comunicare la salute pubblica attraverso l’attivazione di processi di coinvolgimento e ‘autonomia’ delle comunità locali nella programmazione delle politiche e dei servizi. Per superare  le diseguaglianze e i principali divari (sociali, infrastrutturali ecc..) di accesso ai servizi sanitari. In cosa dovrebbe consistere e che ruolo dovrebbe giocare una ‘comunicazione efficace’ in un ‘sistema complesso’ e condizionato da determinanti sociali e asimmetrie culturali?

Schiavo lavora da molti anni su questo fronte negli Stati Uniti e nei paesi in via di sviluppo. Qui, condividendo alcune delle proprie esperienze di ricerca sul campo, ci aiuta a delineare modalità di coinvolgimento che potrebbero essere di ispirazione anche ai contesti sociosanitari italiani. Un dialogo strutturato tra esperti e cittadinanza per superare il rumore mediatico; il possibile ruolo dei media tradizionali; una formazione specifica per classi dirigenti e personale sanitario orientata a far emergere i bisogni e legittimare le domande delle comunità.

Chi è Renata Schiavo?

Renata Schiavo, ​​Columbia University Mailman School of Public Health; “Editor-in-Chief” del Journal of Communication in Healthcare: Strategies, Media, and Engagement in Global Health;  “Principal” dell’agenzia  Strategies for Equity and Communication Impact (SECI)

Qual è il suo principale interessa di ricerca nell’ambito della salute pubblica?

Renata Schiavo

Mi occupo di studiare e di realizzare strategie di comunicazione mirate all’eliminazione delle disuguaglianze sociali con un’attenzione alla sperimentazione di modelli e di processi che hanno un ruolo centrale nel coinvolgimento delle comunità locali per la co-progettazione e la valutazione dei programmi di ricerca e degli interventi mirati in ciascun comunità. Questi modelli hanno alla base la necessità di creare collaborazione tra settori diversi per affrontare le sfide dell’accesso ai servizi della salute, rimuovendo le barriere per le fasce svantaggiate della popolazione, al fine di promuovere stili di vita sani e favorire l’aderenza a terapie cliniche. In questo ambito di ricerca, mi occupo di analizzare le cause profonde di tipo sociale, politico, e culturale – le social determinants of health – che non permettono a tutti di raggiungere i propri obiettivi di salute e che devono essere considerate nell’ambito della comunicazione della salute e dei servizi sanitari.

Per quanto riguarda i programmi di ricerca nell’ambito della salute pubblica, mi occupo anche della valutazione degli impatti sociali di determinati interventi, attraverso l’agenzia Strategies for Equity and Communication Impact (SECI). Si tratta di modelli per definire – insieme ai portatori di interesse sul territorio – gli obiettivi da raggiungere con i programmi di ricerca o con gli interventi locali, come ad esempio aumentare l’occupabilità per migliorare il benessere psicologico della popolazione oppure promuovere stili di vita sani.

Mi occupo, inoltre, della valutazione di programmi a livello nazionale e internazionale. Ad esempio, in Angola e Ruanda abbiamo lavorato per creare o valutare programmi integrati e partecipativi coinvolgendo gli attori delle comunità locali – come  istituzioni, associazioni, università e  leaders locali – per definire insieme come rimuovere le barriere per la salute,  o affrontare problemi e malattie specifiche nell’ambito della salute pubblica.

Per quanto riguarda i programmi di ricerca nell’ambito della salute pubblica, mi occupo anche della valutazione degli impatti sociali di determinati interventi, attraverso l’agenzia Strategies for Equity and Communication Impact (SECI). Si tratta di modelli per valutare – insieme ai portatori di interesse sul territorio – gli obiettivi da raggiungere con i programmi di ricerca o con gli interventi locali, come ad esempio aumentare l’occupabilità per migliorare il benessere psicologico della popolazione oppure promuovere stili di vita sani.

Mi occupo, inoltre, della valutazione di programmi a livello nazionale e internazionale. Ad esempio, in Angola e Ruanda abbiamo lavorato per creare o valutare programmi integrati e partecipativi coinvolgendo gli attori delle comunità locali – come  istituzioni, associazioni, università e  leaders locali – per definire insieme come rimuovere le barriere per la salute,  o affrontare problemi e malattie specifiche nell’ambito della salute pubblica.

Quali sono, a suo parere, i limiti nell’intendere la comunicazione esclusivamente come dissemination dei risultati finali della ricerca?

Renata Schiavo

L’area di ricerca relativa alla dissemination è molto importante perché è legata alla consapevolezza pubblica, alla ricerca e all’empowerment del cittadino anche in termini di prevenzione nell’area sociosanitaria.

Tuttavia, la conoscenza dei risultati delle ricerche scientifiche non sempre corrisponde ad un tipo di comunicazione che aiuta il cittadino a compiere scelte e a cambiare il proprio comportamento: ancora troppo spesso rimangono informazioni che non orientano verso l’azione. In questo complesso scenario, per il cittadino è difficile orientarsi non solo per questioni legate alla comprensione o alla propria alfabetizzazione, ma anche – e soprattutto – per il sovrapporsi di aspetti sociali e culturali, normativi e infrastrutturali che favoriscono o meno l’accessibilità ai servizi sanitari e informativi. Tutti questi sono aspetti molto importanti da tenere in considerazione quando si parla di comunicazione.

Conoscere il contesto sociale e politico, quindi, è essenziale per aiutare le persone che ne fanno parte ad adottare stili di vita sani, traducendo i dati scientifici che hanno a disposizione in informazioni, interventi  e servizi che li aiutano a migliorare i propri comportamenti – tutto questo con la loro partecipazione diretta sia nella ricerca che negli interventi locali. La comunicazione sanitaria rivolta alla comunità deve tenere di conto di queste determinanti sociali per generare davvero un cambiamento sociale e promuovere la sostenibilità dei comportamenti salutari.

La comunicazione generativa, studiata e sperimentata dal gruppo di ricerca guidato da Luca Toschi – che si basa sullo sviluppo di attività di comunicazione basate sugli effettivi bisogni di conoscenza delle persone coinvolte – ha molti punti in comune con i più innovativi modelli divulgati a livello internazionale.

SALUTE COME BENE COMUNE

Epidemiologia e società, ovvero: com’è difficile comunicare il rischio. Intervista a Lucia Miligi

Il contributo presenta alcune esperienze di ricerca/intervento di ambito epidemiologico condotti dall’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (ISPRO) della Regione Toscana attraverso la viva voce di Lucia Miligi, Dirigente primo livello biologo, Struttura Semplice di Epidemiologia Occupazionale e Ambientale, che ha coordinato le indagini proposte per tutta la loro durata. Si tratta di ricerche sulla salute dei lavoratori e sugli inquinanti fisici e chimici nelle scuole fatte con le persone che hanno dato frutti concreti, nella direzione di un’idea diversa di scienza, di salute come bene comune, da costruire insieme giorno per giorno.

Data la sua esperienza sul campo, quali sono le più efficaci modalità comunicative attraverso le quali far dialogare il cittadino con gli esperti (siano essi medici, scienziati etc.)?

Renata Schiavo

Tutti i modelli che si basano sulla partecipazione sociale favoriscono il dialogo tra chi è esperto di salute e la cittadinanza. Per adottare queste modalità comunicative serve tempo, soprattutto quando i cittadini hanno timore, dubbi o difficoltà a fidarsi delle fonti ufficiali a causa di esperienze pregresse come nel caso di popolazioni che sono state marginalizzate dalle politiche locali o dai sistemi di informazione. In questa direzione, è necessario avviare metodi partecipativi che mettano insieme i cittadini comuni con i medici, i dirigenti degli ospedali, i giovani e gli studenti che si stanno avvicinando al mondo della salute. Questo tipo di processo richiede sicuramente più tempo ma, avviando una progettazione a lungo termine, genera risultati molto più sostenibili e duraturi. Da questo punto di vista, i cittadini devono essere realmente coinvolti – non solo attraverso referendum – rendendoli sia co-progettisti delle leggi e dei servizi a livello locale, che comunicatori.

Può farci qualche esempio dei progetti realizzati attraverso il coinvolgimento delle comunità locali?

Renata Schiavo

L’agenzia Strategies for Equity and Communication Impact (SECI) si occupa di creare processi partecipativi attraverso la formazione professionale di amministratori e di policy maker: l’obiettivo è che le istituzioni e gli enti governativi abbiano personale in grado di coinvolgere le comunità nelle scelte di salute. Inoltre, ci occupiamo anche di valutazione dei risultati e coinvolgimento degli attori locali. Ad esempio, negli Stati Uniti stiamo lavorando su un problema legato ai livelli di mortalità infantile nei bambini al di sotto di un anno, soprattutto in determinate fasce della popolazione che sono state a lungo marginalizzate, come le persone di colore. Insieme all’associazione Health Equity Initiative,  dunque, abbiamo co-progettato un piano d’azione per prevenire e ridurre la mortalità e abbiamo individuato le risorse per implementarlo con la collaborazione degli enti governativi locali – local department of health -, con le Università e le attività commerciali locali, ospedali e centri clinici, cittadini, e gruppi di giovani che facevano parte di un programma dell’ Office of Minority Health Resource Center (OMHRC). Infine, abbiamo sviluppato una task force che potesse continuare questo lavoro anche dopo la conclusione del progetto, che è durato un anno. Questa iniziativa è stata un’esperienza di formazione per tutti i soggetti coinvolti nel processo partecipativo e ha favorito la collaborazione  e la partecipazione attiva.

 

Che cosa è la SECI?

Renata Schiavo è “Principal” dell’agenzia  Strategies for Equity and Communication Impact (SECI) che opera a livello internazionale per combattere le disuguaglianze che impediscono l’accesso ai servizi sanitari. 

Visita il sito:

www.seci-globalconsulting.com

Un’altra attività di intervento ha coinvolto una serie di associazioni di volontariato internazionale e locale non a scopo di lucro, enti di governo locale, e organizzazioni internazionali, nella creazione di un framework di valutazione dei risultati del programma di salute pubblica per eliminare la malnutrizione nei bambini e donne incinte in Ruanda. Il primo step del progetto è stata la formazione professionale, lavorando sugli strumenti e sui metodi. Questo lavoro è’ stato pubblicato in  Global Health Promotion a maggio del 2020.

Creare progetti comuni è essenziale, e il nodo della comunicazione è proprio permettere una reale collaborazione nei gruppi di lavoro, in cui portatori di interessi diversi cooperano per il raggiungimento di obiettivi condivisi. Dall’altro lato è importante rendere autonomi  i cittadini e membri delle comunità locali, non indicando cosa devono fare ma dando loro le competenze e gli strumenti perché lavorino autonomamente nella progettazione e implementazione di interventi e leggi locali. Negli Stati Uniti, attualmente, si stanno diffondendo attività e modelli di questo tipo e altri metodi partecipativi che sono anche usati per community-based risk communication.  Con questo tipo di metodologia sono le persone comuni a sviluppare, implementare e valutare interventi e leggi locali in collaborazione con vari tipi di professionisti di vari settori della comunità. Questa metodologia di coinvolgimento dei cittadini e delle comunità è sì più faticosa, ma genera risultati a lungo termine, rispettando le specificità culturali di tutte le comunità coinvolte.

Nel processo di creazione di comunità di progettazione condivisa, è indispensabile definire il ruolo del leader. Quali sono le caratteristiche che, secondo lei, sono fondamentali?

Renata Schiavo

Il leader di comunità deve caratterizzarsi come una figura in grado di guadagnare la fiducia della comunità acquisendo conoscenza, attraverso l’ascolto, per fornire indicazioni sullo sviluppo dei servizi locali in base ai bisogni e alla preferenze della comunità. In questo caso si parla di earned leadership. Un leader – che spesso viene individuato attraverso i processi partecipativi – deve assumersi la responsabilità di ascoltare i bisogni della comunità a cui appartiene o che serve attraverso il lavoro di organizzazioni basate nelle comunità stesse. A volte è importante avere un community board che – affiancando i “community leaders” – garantisca che l’uso che viene fatto della conoscenza acquisita dalla comunità di riferimento sia a beneficio della comunità stessa, evitando personalismi e altri tipi di interessi e garantendo che la comunità sia veramente rappresentata. In questo processo di ascolto e acquisizione dei bisogni e preferenze della comunità si mette in atto anche un processo di formazione all’ascolto in cui è essenziale porre le giuste domande per valorizzare tutte le diversità e le specificità dei soggetti che operano sul territorio, contribuendo a creare una sinergia in grado di orchestrare –  in collaborazione con la comunità locale e i suoi residenti  – una corretta strategia di comunicazione rispetto ai bisogni specifici individuati.

Per sostenere e promuovere questi processi di in-formazione per le comunità, quale può essere a suo parere il ruolo dei media?

Renata Schiavo

Un problema presente negli Stati Uniti, e penso nel mondo, riguarda la qualità dei reportage, che varia molto da un media ad un’altra, compromettendo spesso l’abilità dei giornalisti di fornire un vero e proprio servizio pubblico. Il tutto, inoltre, è complicato dai social media.

Inoltre, è importante che la divulgazione non avvenga solo attraverso i giornalisti. Negli Stati Uniti, a livello televisivo, sono un po’ scomparse le persone comuni e spesso i giornalisti parlano con altri giornalisti portando avanti opinioni personali. La voce della comunità dovrebbe, invece, essere predominante, Il caso dei vaccini contro il COVID-19, ad esempio, ha dimostrato l’importanza di una formazione dei leader delle comunità locali e della predisposizione di piattaforme con cui essi possano parlare di comunicazione scientifica. Infatti, una fonte di informazione locale crea molta più fiducia.

Una strategia peer-to-peer risulta, quindi, essenziale per potenziare la conoscenza dei leader delle comunità locali. Sui media tradizionali mancano reportage che danno voce alle comunità. La strada da intraprendere dovrebbe essere quella di mediazione tra i giornalisti che analizzano le informazioni e le voci delle comunità. E’ anche strategico dare vita, non solo a esperienze di formazione professionale per giornalisti sulla comunicazione della salute, come nel caso di uno degli elementi del progetto in Ruanda di cui abbiamo parlato, ma anche di fornire opportunità ai giovani e alle comunità locali di disegnare e produrre i loro “media” attraverso metodi partecipativi. Un esempio di participatory media sono le radio comunitarie, rappresentate dalla World Association of Community Radio Broadcasters -AMARC International, – ascoltate anche nei posti più remoti e soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Queste radio sono gestite da ragazzi o da membri delle comunità locali che decidono – strutturando un piano di contenuti a partire dai bisogni locali e dalle domande di salute – le tematiche che vanno affrontate nel settore pubblico sia sanitario che sociale. Questo è un mezzo che ha la potenzialità per raggiungere pubblici molto ampi e diversificati.

Conclusioni

Le parole di Renata Schiavo, anche se in relazione a modelli  diversi dal sistema sanitario italiano, possono aiutarci a comprendere punti di forza e criticità dei processi e dei metodi partecipativi in sistemi sociali e culturali complessi. Le sue esperienze dimostrano in particolare la relazione tra le effettive strategie di coinvolgimento delle comunità locali e il fattore tempo che risulta indispensabile per  definire una programmazione efficace dei servizi prevedendo anche gli indicatori per misurare gli effetti di ciascuna azione sul sistema. Dal punto di vista etico – non solo dell’efficienza – questo tipo di approccio generativo conferisce valore a ogni attore e a ogni fase del processo. Fa emergere i bisogni di conoscenza, i timori e le difficoltà che tutti i soggetti incontrano nell’accedere ai servizi o nella ricerca di miglioramento del proprio stato di salute. Emerge da qui una forte alternativa a una logica trasmissiva di comunicazione e promozione di prodotti e servizi che pretende immediatezza e insegue effetti sorpresa; a discapito del reale coinvolgimento delle comunità locali.

Per perseguire un’efficace cooperazione e co-progettazione di interventi mirati, non è meno importante l’enfasi sullo strumento dei tavoli ‘transdisciplinari’ che richiedono un’accurata definizione di obiettivi e azioni da realizzare in sinergia. Per assicurare che questi metodi partecipativi non si esauriscano con i progetti è necessario utilizzare la comunicazione come strumento per generare ‘autonomia’ in ciascun attore. Tramite pratiche e strumenti per far convergere il lavoro di tutti verso un orizzonte condiviso. Agire sul piano culturale – concepire la comunicazione come comune-azione – oltre che operativo.

Fare in modo che le comunità diventino autonome e tornino a considerare la partecipazione non un esperimento, ma una prassi quotidiana di ascolto dei bisogni e  risposte mirate.

I progetti di community building di sAu nell’area della salute e della sanità 

La comunità di partner di sAu – da Federsanità di ANCI Toscana all’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (ISPRO), dall’Agenzia Regionale per la Sanità (ARS) all’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer e all’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi – è impegnata nella ricerca di soluzioni comunicative – attraverso l’adozione del paradigma della comunicazione generativa – che favoriscano la partecipazione attiva della cittadinanza – sia a livello individuale sia collettivo – in una logica di cooperazione con il mondo delle istituzioni e dei servizi volta a favorire un miglioramento concreto dei servizi sanitari (attraverso la progettazione di soluzioni basate sugli effettivi bisogni dei cittadini e dei portatori d’interesse) e a migliorare l’health literacy delle comunità coinvolte. 

Dalla creazione di un modello di comunicazione e partecipazione del sistema sociosanitario che dia un ruolo rinnovato alle associazioni come sensori dei bisogni del territorio, alla collaborazione con il Centro di Ascolto Oncologico per migliorare la capacità di ascolto dei bisogni di salute della popolazione in oncologia da parte di organizzazioni sanitarie e ospedaliere, dalla progettazione di campagne di comunicazione e di sensibilizzazione circa i fattori di rischio ambientale in relazione all’insorgenza di tumori infantili, fino all’analisi delle principali barriere che incontrano bambini/e e famiglie di migranti nell’accesso ai servizi sanitari: questi sono solo alcuni degli interventi in corso che cercano di dimostrare come sia possibile realizzare progetti di comunicazione in grado di generare conoscenza condivisa tra il mondo scientifico e la società, grazie al coinvolgimento di comunità ampie e articolati di portatori d’interesse e alla creazione di tavoli di lavoro transdisciplinari che progettano e realizzano interventi in campo sanitario e sociale in risposta  alle effettive necessità dei territori e delle popolazioni.

Perché ogni atto di cittadinanza diventi un atto di partecipazione

Una ricerca-azione in collaborazione con Federsanità di ANCI Toscana per progettare un nuovo modello comunicativo nel sistema socio-sanitario in Toscana.

Centro di Ascolto Oncologico come motore di costante innovazione per il Sistema Sanitario Regionale

Un progetto che intercetta le difficoltà dei cittadini di accedere ai servizi sanitari relativi ai percorsi di prevenzione, cura e diagnosi per innovare il Sistema Sanitario Regionale.

Migrant children’s participation and identity construction in education and healthcare Progetto di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN)

Un progetto per promuovere una costante partecipazione dei cittadini – italiani e non – nella progettazione di servizi sanitari e scolastici, nella loro gestione e nel loro sviluppo

Surveillance on childhood and adolescent cancer: from data of Tuscany cancer registry and regional pediatric oncological center to primary prevention of suspected environmental risk factors (SUCHADOCAN)

Un progetto di ricerca per progettare campagne di comunicazione e di sensibilizzazione sui rischi ambientali in Toscana partendo dai bisogni di conoscenza del territorio per fornire risposte da parte degli esperti e adottare comportamenti sostenibili che favoriscano la prevenzione di malattie rare.

Master in Comunicazione Medico-Scientifica e dei Servizi Sanitari

Un Master object oriented che pone al centro i bisogni di conoscenza dei progetti nell’area dei servizi sanitari e del saluta pubblica che animano e orientano il percorso formativo e consulenziale 

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Al suo interno confluiscono tutti i risultati dei progetti di ricerca che vedono direttamente coinvolti i ricercatori del Center for Generative Communication (CfGC) e i partner – afferenti al settore produttivo, alla ricerca, alle istituzioni, alle organizzazioni e al terzo settore – che ogni giorno lavorano gli uni al fianco degli altri per trovare soluzioni a bisogni ed esigenze reali

Nell’ottica di creare una comunità di pratiche e saperi, i ricercatori del CfGC hanno deciso di mettere a disposizione di chi ne avesse bisogno il catalogo delle risorse – riviste, testi, articoli scientifici, tesi di laurea, tesi di Dottorato, prodotti audio-visivi etc. – che costituiscono il cuore pulsante della sAu Library.

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