in principio furono le lettere

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L’EVOLUZIONE DELLA RELAZIONE TRA MEDICO E PAZIENTE
In principio furono le lettere

Articolo pubblicato il: 12 novembre 2021

Di cosa parla questo articolo?

Scrivere lettere è stata per secoli una delle forme privilegiate per comunicare l’arte medica. Le prescrizioni di igiene e salute rivolte ai potenti d’età ellenistica e tardo antica; gli scambi di notizie casistiche e cliniche di periodo medievale e umanistico tra addetti ai lavori e finalmente i primi consulti tra medico e paziente tra Sette e Ottocento. Segue il primo di una serie di interventi dedicati alla storia millenaria dell’evoluzione dei supporti e dei canali di comunicazione medica, tra specialisti e tra medici e pazienti.

La seconda uscita de “L’evoluzione della relazione tra medico e paziente” a firma di Donatella Lippi è prevista per il 24 novembre 2021.  La terza e ultima uscita, a seguire, è prevista per il 10 dicembre 2021

Chi è Donatella Lippi?

Donatella Lippi è Professoressa Ordinaria di Storia della Medicina e Medical Humanities presso la Scuola di Scienze della Salute Umana dell’Università di Firenze. Responsabile del Progetto Medici per l’Ateneo fiorentino, è autore di più di 400 pubblicazioni scientifiche. È membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Santa Maria Nuova e Presidente della Fondazione Scienza e Tecnica.

I Regimina sanitatis: regole igieniche, dietetiche e farmacologiche per la conservazione della salute

Sotto forma di lettere molti medici del passato hanno messo per scritto il loro pensiero e i loro consigli, indirizzandoli a pazienti reali o usando la forma epistolare come un semplice espediente letterario.

È questo il caso, ad esempio, della parte finale dell’epistola attribuita a Diocle di Caristo  a re Antigono, inserita nelle Epistulae diversorum che aprono il De medicamentis, un trattato scritto nel primo decennio del V secolo d.C. da Marcello Empirico, in cui sono compresi i principi di una dieta stagionale, nel quadro di un approccio preventivo finalizzato alla conservazione della salute.

Un’impostazione eminentemente pratica caratterizza anche l’Epistula Anthimi ad regem Francorum, nota come De observatione ciborum, scritta da un medico di nome Antimo e collocabile tra V e VI secolo d.C.

Questi testi erano, in realtà, espressione di una crescente tendenza all’attenzione per gli aspetti pratici e per i dati dell’esperienza: la letteratura concernente la practica, si consolida, infatti, negli anni del Medioevo, sia come Regimina sanitatis, regole destinate a normare lo stile di vita, a carattere eminentemente preventivo, sia sotto la forma dei Consilia, prescrizioni mediche e dietetiche, rivolte a pazienti individuati nominalmente e destinate a curare una precisa malattia.

Tra le varie opere che hanno influenzato i Regimina sanitatis del Basso Medioevo, riveste un’importanza particolare il Secretum secretorum, per la fortuna eccezionale di cui ha goduto e per le sue implicazioni, che vanno al di là dell’ambito squisitamente medico-dietetico.

Con il titolo di Epistola Aristotelis ad Alexandrum de dieta servanda, infatti, nel primo decennio del XII secolo, Giovanni da Siviglia (Johannes Hispalensis) diffondeva nell’Europa medievale la prima versione ridotta dell’opera nota come Secretum secretorum, un trattato che appartiene alla tradizione pseudoaristotelica di scritti igienico-medici, magici e di fisiognomica. 

Solo nella prima metà del secolo successivo, però, Filippo Tripolitano, ecclesiastico dalle ampie conoscenze mediche, ne rinveniva una copia araba, che traduceva integralmente in latino; da questa versione discenderà la maggior parte dei volgarizzamenti nelle lingue sassoni e romanze.

Il Sirr al-asr¯ar consiste in una lunga epistola del vecchio Aristotele che, impossibilitato a raggiungere in Asia il suo giovane discepolo Alessandro Magno, preferisce inviare per scritto una raccolta di consigli morali, politici e militari (speculum principis) e di suggerimenti igienici, dietetici e farmacologici (regimen sanitatis), ampliata con capitoli d’argomento filosofico, fisiognomico e alchemico, con un lapidario e un erbario. 

L’opera, chiaramente apocrifa, ma ritenuta da molti autentica fino alle soglie del Rinascimento, era stata tradotta dal greco in arabo nell’VIII secolo e, durante i due secoli successivi, un numero imprecisabile di revisori aveva integrato con aggiunte e interpolazioni la primitiva stesura, trasformando lo speculum principis in un trattato enciclopedico sugli argomenti più svariati, tra cui una sezione dedicata alle scienze occulte.

È in questo periodo, infatti, il XIII secolo, che la rete di scambi intellettuali tra la curia papale e quella imperiale consente la rapida e fortunata diffusione della versione latina, ridotta e integrale, di quest’opera, in cui, sotto forma di lettera, Aristotele avrebbe posto al centro della sua riflessione il corpo del suo giovane allievo Alessandro, incarnazione e metafora vivente del “corpo” della collettività.

L’opera pseudoaristotelica costituì un modello di riferimento innegabile per i Regimina sanitatis, preziosi vademecum volti a fornire numerose e minuziose regole igieniche, dietetiche e farmacologiche per il mantenimento e la conservazione della salute, indirizzate di solito a sovrani e potenti: per quanto in seguito il genere abbia conosciuto larga diffusione tra le classi borghesi e popolari, infatti, il Regimen sanitatis ebbe un legame privilegiato con gli ambienti di corte, e non a caso i primi nomi legati alla sua nascita – Giovanni da Toledo, Aldobrandino da Siena, Pietro Ispano e Arnaldo da Villanova – furono medici di pontefici e di sovrani illustri.

Successivamente, la tipologia dei Regimina cambierà e non saranno più dedicati a personaggi illustri, ma saranno indirizzati a medici: questi nuovi testi fioriranno in ambiente universitario, saranno molto più generali e saranno finalizzati alla formazione del professionista della salute.

Mentre, inizialmente, avevano lo scopo di aiutare a prevenire la malattia o recuperare la salute attraverso il rispetto di alcune regole di vita che potevano essere seguite in modo soggettivo e autonomo, adesso la figura del medico gioca un ruolo fondamentale, così come la forza dell’esperienza acquisita nell’esercizio della professione.

I Consilia: uno strumento per condividere pratiche ed esperienze con la comunità scientifica europea

Nel Quattrocento, in Italia e altrove, mentre si intensifica il processo di scrittura e/o traduzione di testi in volgare, si registra infatti un aumento del valore attribuito al dato d’esperienza, al particolare, al caso singolo, alla prestazione che ha avuto buon esito e, in genere, alla pars practica

A questa valorizzazione possono essere fatti risalire vari orientamenti della medicina del periodo, tra cui lo sviluppo di alcuni generi letterari tradizionali, che diventano più frequenti e praticati, come i Consilia, che ora si collocano, con una scrittura ormai standardizzata, tra insegnamento e professione, e forse con maggiore incidenza dei Regimina

Alcuni illustri medici del XV secolo hanno lasciato collezioni di centinaia di Consilia: anche se il contenuto di questi testi, che ormai sono veri e propri trattati, è spesso altamente uniformato, erano basati sui problemi sanitari dell’epoca e sulla considerazione di casi particolari.

Anche se questo non implicava necessariamente un contatto personale con il paziente, visto che potevano essere il frutto di consulti tra medici, per iscritto, rappresentano una suggestiva chiave di lettura nella prospettiva degli utenti, in quanto alcuni medici colti redassero i loro trattati per soddisfare le esigenze di singoli mecenati o di un gruppo selezionato di pazienti o lettori.

Michele Savonarola (1384-1468 ca.), ad esempio, professore di medicina a Padova, scrisse un manuale dietetico in volgare per Borso d’Este, signore di Ferrara, e un manuale sulla gravidanza e sulla puericultura dedicato alle donne di Ferrara. 

In seguito, sarà proprio l’uso di pubblicare le raccolte di lettere di medici insigni, che rifletterà l’influenza della letteratura umanistica e metterà in evidenza una tappa significativa della formazione di una vera e propria comunità scientifica europea. 

Questo genere letterario sembra essere divenuto molto popolare, infatti, in seguito alla pubblicazione nel 1521 delle Epistolae medicinales di Giovanni Manardi (o Mainardi, 1462-1536), che univano la tradizione dei Consilia alle istanze e alle discussioni filologiche sulla medicina e sulla botanica.

La diffusione degli aspetti relazionali della malattia attraverso la corrispondenza epistolare tra medico e paziente

Se, in queste pubblicazioni, la voce è, però, quasi esclusivamente quella del professionista, che risponde in maniera reale o fittizia a un ipotetico interlocutore, la voce dei pazienti è rimasta sepolta negli archivi personali dei medici, protetta dalla discrezione del medico, che, spesso, pubblicava i casi sotto la tipologia dei Consulti, facendo riferimento al paziente in modo allusivo: ne indicava, generalmente, solo il sesso, le iniziali, l’età e l’occupazione lavorativa, trasformandolo in un episodio della sua vita professionale.

Questo metodo era generalmente rispettato anche nella corrispondenza tra professionisti.

Scriveva Giacomo Bartolomeo Beccari nel 1778:

Consulto XXV. Stimoli nervosi resi più forti dopo uno sputo di sangue. Mi perdonerà V.S Illustrissima se all’umanissima sua lettera e all’annessa relazione scritte amendue in lingua latina, rispondo per altra mano e in idioma volgare. Gli incomodi a’quali più del solito sono stato ne’ passati giorni soggetto ne sono stati la cagione.

Dirò adunque in poche parole quel che io penso intorno al male di codesta Signora. 

E in quanto alla sua origine mi pare che ella ragionevolmente debbasi attribuire a soverchia copia e a uno straordinario orgasmo del sangue.

Dell’una e dell’altro si sono date bastantemente a conoscere le cagioni e se ne sono avuti degl’indizi assai manifesti.

La vita poco esercitata tenuta l’anno passato dall’Inferma fu attissima a produrre l’abbondanza del fluido; e l’accumularsi che si fece ne’ vasi fece poi che l’abito del corpo apparisse sensibilmente impinguato.

La gravezza di capo, l’ardore del petto e l’universale stanchezza e lassitudine furono indizi molto chiari

In questo approccio, la bidirezionalità del rapporto medico-paziente è una circostanza molto rara, ma negli archivi dei medici sono conservate, spesso, le lettere scritte dai loro pazienti, dalle quali emergono, al di là della prospettiva organica oggetto del consulto, gli aspetti soggettivi, individuali, relazionali della malattia.

Ovviamente, questa documentazione si infittisce a partire dall’età moderna, quando l’accesso alla corrispondenza epistolare diventa praticabile a fasce più larghe della popolazione, grazie anche all’implementazione dei servizi.

È così che negli archivi superstiti di celebri medici ottocenteschi, come Francesco Rizzoli (1809-1880) o come Ferdinando Zannetti (1801-1881), sono conservate innumerevoli lettere scritte da pazienti, che aspiravano ad avere il consiglio del medico, la cura, la prescrizione terapeutica.

Stimatissimo Professore,

Debbo innanzi tutto scusarmi presso la di Lei innata gentilezza se prima d’ora non Le ho dato conto del resultato ottenuto nella cura della mia bambina, che Le feci visitare costà in Firenze nel Giugno ultimo decorso. Questa omissione è stata in parte involontaria, giacché per qualche tempo mi son trovata indisposta di salute, e quindi inabile a compiere un tal dovere.

Adesso però mi gode l’animo di poterLe annunciare che in seguito delle prescrizioni curative che Ella ebbe la bontà di rimettermi in scritto, e mercè l’assidua ed amorevole assistenza del Sig.re Prof. re Presti il quale si è costantemente attenuto alle di lei savissime prescrizioni, la predetta mia bambina è assai migliorata; e l’esito soddisfacente ottenuto fino a qui infonde anco la fiducia di un progressivo ed ulteriore miglioramento. Sarebbe per me una vera consolazione se Ella avendo occasione di venire a Siena potesse nuovamente vederla

Così scriveva Maria Pepi il 23 dicembre 1858 a Ferdinando Zannetti, nelle carte del suo archivio conservato nella Biblioteca Biomedica dell’Università di Firenze.

Madame Pitain, da Rimini, invece, nello stesso periodo, scriveva a Zannetti, indugiando con particolari dettagli sul suo stato di salute:

Stimatissimo Professore,

essendo rimasta talmente stanca del viaggio, sono stata obbligata di rimanere in letto diversi giorni, e per ciò non ho potuto aspirare il catrame che questi giorni, la prima volta mi fece molto tossire ma il vapore era credo troppo denso, le altre volte la tosse è stata meno frequente. Avrei desiderato sapere se malgrado la tosse fosse meglio avere il vapore più denso? Gli dirò anche, che ho preso una cartina di quella polvere mettendomi a tavola, come faccio per l’olio, ma la tosse non mi ha dato pace un sol momento e tutta la notte sono restata seduta sul letto; non ho voluto riprenderne senza consultarlo e ho continuato l’olio. I dolori pare vadano scemando questi giorni. Mi rimane a domandargli scusa della mia importunità e di ringraziarlo di cuore della sua gentilezza e bontà…

Questo genere di rapporto epistolare, naturalmente, implicava tempi non brevi tra le missive e le relative risposte: le distanze fisiche rappresentavano un oggettivo ostacolo, soprattutto nei casi urgenti e, in particolare, là dove il medico o la struttura sanitaria fossero difficilmente raggiungibili, replicando, nella tragicità del reale, il dramma, che Johann Wolfgang von Goethe narrò nella ballata Erlkönig, scritta a Weimar nel 1782.

La ballata racconta la vicenda di un bambino gravemente malato, che il padre porta con sé in una precipitosa cavalcata notturna per i boschi, diretto verso il vicino villaggio nel tentativo di salvargli la vita.

Il bambino è in preda a una febbre altissima e chiede a suo padre se anche lui vede l’Erlkönig il Re degli Elfi, che lo sta chiamando; il padre comprende che le condizioni del figlio sono disperate e che sta delirando, ma prosegue la sua corsa: come raggiungono la destinazione, il bimbo è ormai morto tra le braccia del padre. 

Nonostante Goethe abbia trasfigurato una situazione pietosamente vera in una fiaba dai toni gentili, sdrammatizzandone la tensione dolorosa, l’immagine della corsa disperata evoca una realtà, che, in passato, era tragicamente condivisa da tutti quei contesti dove non esistevano strutture sanitarie, dove mancavano medici, dove non c’erano medicine.

Se questa situazione aveva legittimato l’opera di ciarlatani, cerusici, praticanti e mammane, spesso unica, eroica risorsa per le popolazioni delle campagne, la fine dell’Ottocento vede, in Italia, la nascita della prima legge di Sanità Pubblica (1888) e la creazione di una larga base di medici condotti, parallelamente alla lotta contro l’abusivismo.

La seconda uscita che affronta l’evoluzione della relazione tra medico e paziente sarà pubblicata il 24 novembre 2021

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I progetti di community building di sAu 

Il modello ‘scientia Atque usus’: una comunicazione generativa per rafforzare la relazione tra medico e paziente

Un progetto per sperimentare, all’interno del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze, una modalità comunicativa in grado di rafforzare la relazione tra medico e assistito/cittadino

Master in Comunicazione Medico-Scientifica e dei Servizi Sanitari

Un Master object oriented che pone al centro i bisogni di conoscenza dei progetti che animano e orientano il percorso formativo e consulenziale

Scrivere a mano ai tempi del digitale: dalla scrittura a mano agli assistenti vocali

Un progetto per fare il punto sull’impatto che la scrittura a mano, quella digitale e la scrittura attraverso la voce hanno sull’attività dell’uomo, sulla sua capacità di pensare, concentrarsi, contestualizzare e decodificare un’informazione

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