I numeri che mancano. Storie di quotidiana ricerca: il caso delle ulivete abbandonate in Italia

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I numeri che mancano, storie di quotidiana ricerca. Il caso delle ulivete abbandonate in Italia

Articolo pubblicato il: 14 gennaio 2022

Di cosa parla questo articolo?

I numeri sono considerati per lo più come dati oggettivi. Il problema è che spesso mancano proprio i numeri alle nostre argomentazioni e troppe volte non disponiamo dei numeri necessari per ragionare e trovare soluzioni ai problemi più rilevanti. In questa “Noterella” si propone una breve riflessione sui numeri dell’abbandono delle ulivete in Italia, argomento di grande attualità e urgenza, ma sulle cui reali dimensioni è estremamente difficile reperire dati. Gli amministratori pubblici e le associazioni di rappresentanza agricole ne vivono e ne sentono tutta la gravità, ma le informazioni e le certezze a riguardo sono poche.

L'olivo gentile. Lo splendore ignorato delle ulivete

Elementi di conoscenza emersi dal progetto

Il ‘valore’ sociale, economico e culturale del nostro paesaggio artistico e naturale influenza immensamente l’immaginario mondiale, raccontando lo stile di vita italiano. Il progetto “L’olivo gentile. Lo splendore ignorato delle ulivete”, condotto dal Lab CfGC insieme all’Associazione Nazionale Città dell’Olio, ha individuato tre focus principali attorno a cui aggregare una community di amministratori pubblici, ricercatori, imprenditori e tanti altri portatori d’interesse:

  • contrastare l’abbandono delle ulivete;
  • ripensare l’olivicoltura sociale;
  • valorizzare la cultura dell’olio e dell’olivo.

Il primo punto è probabilmente il più problematico perché, se da una parte si tratta di una questione molto sentita – tre quarti dei referenti locali dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio coinvolti in una rilevazione curata dal Lab CfGC hanno segnalato la presenza di ulivete in stato di abbandono nei loro territori –, dall’altra è estremamente difficile trovare dati affidabili sulle dimensioni del fenomeno a livello locale e nazionale.

Il progetto in breve

L’olivo gentile. Lo splendore ignorato delle ulivete” è un progetto che mira a promuovere un nuovo modo di intendere e di praticare l’agricoltura sociale e il ruolo economico e culturale delle ulivete. È necessario fermare l’abbandono e trasformare le ulivete in ambienti produttivi, formativi e di nuova socialità.

 

Il team di progetto

 

LAB CFGC

  • Luca Toschi
  • Viola Davini
  • Marco Sbardella

 

ASSOCIAZIONE NAZIONALE CITTÀ DELL’OLIO

  • Antonio Balenzano, Direttore
  • Maura Boi,  Consigliera nazionale e Coordinatrice regionale
  • Pasquale Di Lena, Fondatore
  • Nicola Malorni, Vicepresidente
  • Federica Romano, Referente di progetto
  • Michele Sonnessa, Presidente

I numeri: quali sono le dimensioni del fenomeno dell’abbandono delle ulivete in Italia? Sappiamo che il problema c’è, lo denunciano tutti, preoccupati per le ricadute che potrebbe avere sull’“immagine Italia”, ma la domanda fondamentale sembra non trovare una risposta precisa.

Esistono certamente dati di livello regionale o locale. Ad esempio la testata “Intoscana.it”, portale di informazione e approfondimento della Fondazione Sistema Toscana (Regione Toscana), nel 2016 pubblicava un articolo in cui si riferiva che allora in Toscana erano 4 milioni su 17 milioni gli ulivi lasciati inselvatichire

C’è poi il lavoro svolto, sempre in Toscana, dal Gruppo Operativo CATChCO2 LIVE in cui i ricercatori dell’Università di Firenze hanno censito le ulivete in stato di abbandono nell’area del Montalbano (situata tra le province di Firenze, Pistoia e Prato), calcolando che dal 1954 al 2013 il fenomeno abbia riguardato una superficie superiore ai 900 ettari; di questi, più di 400 potrebbero essere recuperati con benefici sia economici sia ambientali.

Rimanendo in Toscana, il Consorzio di Tutela dell’Olio Seggiano DOP ha censito e mappato lo stato di coltivazione e abbandono degli uliveti nei comuni di riferimento, realizzando una mappa interattiva in cui grazie alla georeferenziazione con l’uso di puntini colorati (verdi, gialli, arancioni e rossi) è possibile visualizzare la quantità e la distribuzione di uliveti potati, coltivati, abbandonati o diventati bosco.

La situazione diventa decisamente più problematica quando, come accennato, si prova a farsi un’idea delle dimensioni del fenomeno a livello nazionale. 

Il problema è sicuramente attuale e urgente: basti pensare che da una recente rilevazione fatta dal Lab CfGC e dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio sui referenti locali della stessa Associazione – amministratori locali sparsi su tutto il territorio nazionale – è emerso che tre quarti degli intervistati è a conoscenza di ulivete in stato di abbandono nel proprio territorio.

Questo ci ha dato soltanto un’ennesima conferma della diffusione del fenomeno, ma siamo lontani dal conoscere le sue reali dimensioni. Delusi dalla ricerca online – sono dati che se disponibili dovrebbero essere alla portata di tutti, no? –, ci siamo rivolti a ricercatori esperti della materia e alle istituzioni più autorevoli. 

In entrambi i referenti abbiamo riscontrato grande interesse e collaborazione: le persone che abbiamo contattato si sono attivate per contattarne altre a loro volta, per venire a capo della questione. Una conferma del vasto e diffuso interesse al problema, ma abbiamo ricevuto ancora una volta risposte parziali e insufficienti.

Dopo aver consultato direttamente o indirettamente il MIPAAF (Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali), l’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), l’ISTAT (compresi i responsabili del recente censimento generale dell’agricoltura), il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), l’AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) e l’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del MIPAAF), la sola risposta che, almeno per ora, possiamo continuare a dare alla domanda “Quanto vasta è l’area delle ulivete in stato di abbandono in Italia?” è: nessuno può dare dei numeri adeguati a capire e ad affrontare il problema. Si tratta di una di quelle ‘presenze assenze’ che – non solo in ambito agricolo – compongono un paesaggio nascosto, un’Italia invisibile.

Ma noi non vorremmo desistere dal portare avanti questa ricerca, forti della proposta di un Piano Nazionale Recupero Oliveti Abbandonati lanciata a febbraio 2021 da Michele Sonnessa (Presidente delle Città dell’Olio). Proposta ribadita in occasione di un webinar realizzato lo scorso luglio nel contesto del progetto “L’olivo gentile. Lo splendore ignorato delle ulivete”, alla presenza del Senatore Francesco Battistoni, Sottosegretario per le politiche agricole e forestali con delega alla filiera olivicola.

Considerato lo storico legame reciproco fra settore agroalimentare e turistico, le ulivete rappresentano non soltanto una risorsa del patrimonio agricolo del nostro territorio, ma anche e soprattutto di quello storico, culturale e turistico. Un paesaggio strategico che fa da scenario a tutto il made in Italy.

Il recupero colturale assume allora un ruolo strategico non solo per la valorizzazione del prodotto ‘olio’, ma anche dell’immaginario che coinvolge ogni nostra attività. Un volano di sviluppo particolarmente efficace, e non solo in quei territori caratterizzati da lunga persistenza storica delle colture tradizionali e dal mantenimento di una forte identità culturale.

Già, l’unicità del nostro paesaggio. Sarebbe importante cercare di ‘dare i numeri’ giusti circa l’immenso valore aggiunto che esso costituisce. La ricaduta che esso ha su tutto ciò che risulta essere apprezzato, amato, desiderato in quanto associabile al ‘bel paese’. Così come sarebbe fondamentale capire i numeri che le nostre belle olivete concorrono a realizzare. Numeri che traducano un generico valore in un valore di bilancio economico, sociale, culturale. Numeri da conoscere perché il sistema Italia non inizi a indebolirsi, a crettarsi.

Basti qui ricordare che i luoghi di coltura olivicola, in senso produttivo, sono molto spesso aree interne e localizzate in piccoli comuni, che vivono processi di abbandono non solo colturale ma anche urbano e socio-economico. Fenomeni che la crisi pandemica ed economica che viviamo potrebbe ulteriormente aggravare, colpendo soprattutto particolari categorie di cittadini, come le donne e i giovani (ma non solo).

Attivare iniziative di contrasto all’abbandono delle ulivete può rappresentare un’opportunità di innesco di circoli virtuosi tra dimensione sociale e produttiva, anche oltre le iniziative di Agricoltura Sociale classicamente intesa. In questo contesto, contrastare l’abbandono equivale a rigenerare una cultura millenaria, una dimensione civile e di benessere economico e ambientale che ripensi la produzione agricola e la qualità della vita come occasione di ripresa e sviluppo del Paese.

In questo scenario vasto va collocata l’urgenza di definire un Piano Nazionale Recupero Oliveti Abbandonati che aggreghi il mondo della Olivicoltura sociale, i ricercatori esperti di varie discipline agrarie, economiche e sociali, le Istituzioni e gli Enti Locali, i produttori, i lavoratori e i cittadini, ciascuno per la propria competenza. 

L’obiettivo del Piano dovrà essere ambizioso: una rinascita dell’olivicoltura nazionale, per il recupero di tutte quelle aree olivicole, abbandonate o a rischio d’abbandono, per il contrasto ai rischi idrogeologici (rimboschimento selvaggio che impedisce il drenaggio delle acque favorendo slavine) e di depauperamento storico-identitario (cancellazione di una coltura millenaria che caratterizza il paesaggio rurale del nostro Paese) e produttivo. Un recupero non solo di quantità produttiva, con nuove piantumazioni, ma anche del suolo e della biodiversità legata intimamente a specifici territori (si pensi alle circa 500 cultivar – varietà di olivi – che fanno dell’Italia la custode di un patrimonio di biodiversità che non ha eguali nel mondo).

Se l’agricoltura e la coltivazione sono attività complesse, orientate a costruire e preservare luoghi, comunità, sistemi di relazioni ambientali e biologiche, il buon governo dei paesaggi non può limitarsi alla salvaguardia estetica o alla musealizzazione fine a se stessa. 

Occorre andare oltre la custodia dei singoli “oggetti” e individuare nelle pieghe e nelle relazioni del territorio i bisogni e le opportunità per progettare i luoghi di domani rispettando l’unicità di ogni contesto

Un censimento nazionale delle ulivete in stato di abbandono è un’impresa difficile, ma non irrealizzabile. Partendo ad esempio dall’ipotesi di un confronto. Fra i dati catastali e/o i risultati del recente Censimento Generale dell’Agricoltura da una parte, e le immagini satellitari o le riprese realizzate con i droni dall’altra. Da questo tipo di attività si potrebbero ricavare numeri davvero importanti, indispensabili per avviare il necessario processo di ridefinizione – o forse riscoperta? – del vero valore dell’olio e delle ulivete, che in nessun caso può essere ricondotto e limitato al prezzo di mercato.

Saremo davvero felici di collaborare con tutti gli enti, le istituzioni, le associazioni, i centri di ricerca e i singoli ricercatori o cittadini che hanno interesse e bisogno di portare avanti questa ricerca. Per segnalarci documenti, report, articoli e qualsiasi altro tipo di risorsa utile o volontà di collaborazione è sufficiente scrivere una mail all’indirizzo marco.sbardella@scientiatqueusus.org

Documentazione a supporto

La testata “Intoscana.it”, portale di informazione e approfondimento della Fondazione Sistema Toscana (Regione Toscana), nel 2016 ha pubblicato un articolo in cui si riferiva che in Toscana erano 4 milioni su 17 milioni gli ulivi lasciati inselvatichire. Questo si traduce, secondo stime Coldiretti, nella mancata produzione di olio extravergine per un valore di 40 milioni di euro all’anno.

CATChCO2 LIVE è un Gruppo Operativo finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Toscana, il cui obiettivo è quello di recuperare oliveti in stato di abbandono tramite l’applicazione di un modello organizzativo di gestione, strumenti e tecniche innovative che rendano la coltivazione sostenibile dal punto di vista ambientale e economico. Nel contesto delle attività del Gruppo Operativo, i ricercatori dell’Università di Firenze hanno censito le ulivete in stato di abbandono nell’area del Montalbano (situata tra le province di Firenze, Pistoia e Prato), calcolando che dal 1954 al 2013 il fenomeno abbia riguardato una superficie superiore ai 900 ettari; di questi, più di 400 potrebbero essere recuperati con benefici sia economici sia ambientali.

Sulla mappa, sviluppata dal Consorzio di Tutela dell’Olio Seggiano DOP nel contesto del progetto Co.Se.di.mod.a (Consorzio olio di Seggiano e incremento produzione di qualità: un modello di olivicoltura che nasce dal confronto coltivato vs abbandono) è possibile vedere le particelle ad oliveto dei comuni della DOP seggianese. In verde gli appezzamenti presi dal PCG2019 ed in arancio gli oliveti nell’uso del suolo della regione non presenti nel PCG. Cliccando sulla mappa è possibile visualizzare i dati relativi alla singola particella.

In un articolo pubblicato nel febbraio 2021 sul sito dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio, si riporta un virgolettato del Presidente Michele Sonnessa, che dice: «È il momento di unire le forze per sfruttare al meglio le risorse messe a disposizione dal Mipaaf in questo settore. In particolare, è necessario investire sul miglioramento dell’impatto ambientale dell’olivicoltura che vede finanziamenti per tutte le operazioni di mantenimento di oliveti ad alto valore ambientale e paesaggistico a rischio abbandono. È l’occasione per lanciare un Piano nazionale Recupero Oliveti Abbandonati, che oltre al dramma colturale e produttivo unisce il problema ambientale di erosione del suolo. Le Città dell’Olio da tempo sono impegnate in progetti che uniscono il fenomeno dell’abbandono olivicolo a politiche di agricoltura sociale. Bisogna unire le forze tra gli Enti locali che hanno la responsabilità di governo del territorio, e le associazioni di produttori affinché il patrimonio olivicolo italiano con la sua biodiversità unica al mondo, diventi una risorsa strategica per vedere le nostre “comunità” riprendere vita anche grazie all’olivicoltura, unendo le attività di recupero (valore ambientale, sociale ed identitario) con l’innovazione.»

 

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L’olivo gentile. Lo splendore ignorato delle ulivete

Il nome olivo gentile evidenzia la volontà di promuovere un nuovo modo di intendere e di praticare il ruolo economico e sociale delle ulivete, gentili con l’uomo perché in grado di fornirgli un alimento fondamentale per la nostra Dieta Mediterranea, ma anche occasioni di lavoro, di formazione, di socialità.

Basandosi su un approccio sistemico all’agricoltura sociale e alla gestione delle ulivete, il progetto intende valorizzarne il fondamentale ruolo paesaggistico, sociale e formativo, oltre che – naturalmente – economico. Questo molteplice obiettivo sarà raggiunto tramite l’ideazione e l’implementazione di una strategia di comunicazione generativa improntata al community building, ossia al coinvolgimento di un ampio numero di soggetti e di competenze nella realizzazione di attività trasversali e inter-settoriali caratterizzate dalla convergenza di interessi e dalla definizione di obiettivi comuni.

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